“Aiutami a fare da solo”: una frase, una pedagogia, una responsabilità
- Anna Luna Nistri
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Aggiornamento: 31false19 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)
Una frase che torna, sempre
C’è una frase che mi accompagna da anni, dai primi esami universitari fino ad oggi, in questi giorni intensi e felici in cui sto per aprire il mio negozio di giochi e il mio studio di consulenza pedagogica. È una frase semplice, spesso citata, a volte anche abusata:
“Aiutami a fare da solo.”– Maria Montessori
La leggo, la risento nella mia testa, e ogni volta ne colgo una sfumatura diversa. Forse perché questa frase, come le esperienze educative più autentiche, cambia insieme a noi. Non è un comandamento, ma un invito. Non è uno slogan, ma una posizione etica. E soprattutto, non è solo una frase per bambini: è una proposta di relazione, che interpella anche noi adulti.
Tra Montessori e Massa: una pedagogia dello sguardo
Durante il mio percorso di studi alla Bicocca, ho avuto la fortuna di incontrare docenti formati alla scuola di Riccardo Massa. Quegli anni mi hanno insegnato che la pedagogia non è un insieme di tecniche o ricette educative, ma un modo di stare nel mondo e di guardare l’altro, specialmente quando è piccolo, fragile, in divenire.
Quando oggi rileggo “Aiutami a fare da solo”, non posso non pensare al concetto massiano di esperienza formativa: non si cresce perché qualcuno ci istruisce, ma perché si vive, si sbaglia, si riprova. L’adulto – l’educatore, il genitore, il pedagogista ha il compito di creare le condizioni perché l’esperienza sia possibile, significativa, trasformativa. Mai sostituendosi, sempre accompagnando.
Che cosa vuol dire, concretamente, “aiutare a fare da soli”?
Nel quotidiano, questa frase si traduce in gesti piccoli ma potentissimi. Non è facile. Perché “aiutare a fare da soli” richiede tempo, pazienza, fiducia. Richiede di rinunciare al controllo. Richiede di saper stare accanto, senza invadere.
Quando un bambino vuole versarsi l’acqua da solo e la rovescia, l’adulto può scegliere: intervenire subito o lasciargli il tempo di scoprire come si fa, magari sbagliando.
Quando un genitore aiuta il proprio figlio a vestirsi più velocemente “perché siamo in ritardo”, sta scegliendo l’efficienza al posto dell’autonomia.
Quando proponiamo un gioco che “fa tutto da solo”, togliamo al bambino la possibilità di costruire, sperimentare, esplorare il mondo a modo suo.
“Fare da soli” non vuol dire essere lasciati soli. Al contrario: significa avere accanto qualcuno che crede in noi, che ci guarda con fiducia e che, quando serve, sa offrire un aiuto che non umilia, ma solleva.
Educare all’autonomia è un atto di fiducia
Una delle sfide più grandi della pedagogia, e forse anche una delle più attuali, è quella di educare all’autonomia senza cadere nella retorica del “ce la devi fare da solo”. Viviamo in un’epoca in cui ai bambini si chiede tanto – a volte troppo – ma al contempo li si sorveglia, li si dirige, li si predispone a ogni passo.
“Aiutami a fare da solo” allora è anche un grido di libertà. Un modo per chiedere spazio, margine d’azione, diritto all’errore. È una frase che ci invita a rallentare, a osservare, a progettare ambienti e relazioni in cui il bambino possa crescere nella libertà e nella responsabilità.
Il mio spazio educativo nasce anche da qui
Nel mio negozio – che sarà anche un piccolo studio pedagogico – questa frase sarà una presenza viva. I giochi che scelgo, i materiali che propongo, i percorsi che costruirò con le famiglie e gli educatori avranno tutti un filo rosso: non fare al posto di, ma fare con, osservare, proporre, accompagnare.
Per me la pedagogia non è neutra. È una scelta politica, etica, relazionale. E ogni oggetto, ogni consiglio, ogni spazio potrà diventare occasione per tornare a chiederci: “Sto aiutando davvero questo bambino… a fare da solo?”
Una domanda che resta aperta
Se sei un genitore, un insegnante, un educatore, un nonno… prova a portarti dentro questa frase. Osserva il tuo modo di aiutare, i tuoi gesti quotidiani. Chiediti: sto lasciando spazio all’altro per scoprire sé stesso?
E se ti va, passa a trovarmi. Sarà bello continuare insieme questa riflessione.


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